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considerazioni sui trattamenti

Le meningi appartengono a quello che abbiamo definito il Sistema Cranio-Sacrale, essendone parte integrante al liquido cefalorachidiano, assieme alle ossa del cranio e del sacro ed alla fascia che li circonda e li mette in relazione con le restanti strutture corporee: l’insieme di queste strutture pulsa all’unisono in quello che Sutherland ha definito il respiro primario e che viene oggi definito il ritmo cranio-sacrale.  

Per un terapista cranio-sacrale od un kinesiopata risulta agevole percepire le fluttuazioni e le manifestazioni di questo ritmo in ogni distretto corporeo: in un corpo ideale tale ritmo appare simmetrico, regolare ed armonico nelle sue manifestazioni. Tuttavia le varie tensioni o restrizioni che si accumulano nel corpo ed, in particolare, all’interno del sistema fasciale od alle meningi, influiscono in maniera significativa sull’espressione di tale ritmo, alterandone le caratteristiche fondamentali: ogni alterazione della qualità, ampiezza o frequenza del ritmo fornisce le indicazioni per identificare l’esatta localizzazione di eventuali restrizioni o alterazioni del sistema. Con la sufficiente esperienza e competenza, una volta liberato il sistema dalle tensioni compensatorie che spesso si sovrimpongono, è possibile comprendere anche la qualità ed il tipo di restrizione esistente e la sua eventuale cronicità.

I disturbi che si manifestano nel corpo, le cisti energetiche, le patologia disfunzionali provocano alterazioni del ritmo che si ripercuotono sulla fascia o sul sistema meningeo, sotto forma di asimmetrie o distorsioni spaziali e ritmiche: attraverso l’identificazione di queste restrizioni è possibile correggere gli squilibri generati nel sistema. L’utilizzo di un contatto estremamente delicato e non invasivo, associato alla facilitazione della naturale tendenza del corpo a cercare un equilibrio privo di tensioni rende relativamente agevole la “manipolazione” di queste alterazioni. L’approccio kinesiopatico e del terapista cranio-sacrale non ha niente a che vedere con quello del chiropratico ed è vagamente simile a quello dell’osteopata anche se la manipolazione è sostanzialmente diversa: non viene esercitata nessuna reale forza fisica, ma viene soltanto ascoltato e favorito il movimento spontaneo di liberazione, autogenerato dal sistema. Ogni movimento di liberazione, ogni torsione, rotazione, spostamento è generato dalla necessità del sistema stesso, che ha la necessità di trovare una situazione di equilibrio meno energeticamente dispendiosa: molto spesso nelle fasi intermedie di trattamento, si possono generare situazioni di apparente squilibrio, che il corpo deve riattraversare prima di poter ritornare ad una posizione di maggior simmetria e armonia.

Nel caso specifico di meningismi o degli esiti di fenomeni meningitici, occorre liberare in prima istanza il corpo dalle tensioni compensatorie accumulate nel tempo: per questo la tecnica dell’unwinding (descritta succintamente sul numero precedente) risulta di grande aiuto, permettendo di liberare le tensioni fasciali e di accedere con maggior delicatezza ed efficacia alle aree di restrizione; infatti, neutralizzando le tensioni compensatorie createsi nelle fascia e nelle strutture muscolari e connettivali, è possibile accedere al nucleo centrale del sistema cranio-sacrale, acuendo la risposta di riarmonizzazione dello stesso.

Anche il ricorso ad un’altra tecnica di liberazione fasciale, soprattutto passata la fase acuta, quale la liberazione sub-occipitale, si ottengono notevoli risultati che aiutano in maniera eclatante ad un riequilibrio sistemico ed alla riduzione delle risposte di stress che accompagnano le sindromi post-meningee o i meningismi: la riduzione della tensione a livello atlanto-occipitale, l’allentamento dello spasmo dei muscoli sub-occipitali, grazie all’azione sulle componenti vagali e su quelle vascolari, favorisce un rilassamento generalizzato ed una riduzione delle pressioni endocraniche, con un notevole miglioramento della compliance e del benessere generalizzato del paziente ed una maggior risposta al trattamento. (Svilupperemo in un futuro articolo questi argomenti)

L’eventuale integrazione di questi trattamenti con tecniche kinesiopatiche quali l’A.S.E. (allentamento dello stress emotivo), il Ciclo Neurovascolare o il Reset Temporovascolare, permette una ulteriore facilitazione al trattamento, ottenendo spesso effetti risolutivi sui sintomi di accompagnamento e migliorando significativamente il benessere in un gran numero di pazienti.

Una volta preparato il sistema ed identificata la/le aree di restrizione, utilizzando uno dei principi della Terapia Cranio-Sacrale che consiste nel seguire le tensioni fino all’identificazione di un punto di resistenza per favorire il naturale dissolversi dell’area di restrizione, si potranno trattare diffusamente le cisti energetiche e le aree di degenerazione che eventualmente verranno evidenziate.

Quando si sarà ottenuta una certa liberazione dell’area critica, sarà possibile applicare delle leggere trazioni durali per dissolvere le eventuali tensioni ancora presenti nel sistema, rispondendo in maniera appropriata ad ogni manifestazione di torsione, rotazione, lateralizzazione, trazione.

Spesso la tecnica di liberazione delle falci cerebrali permette di agire sull’intero sistema a tensione reciproca costituito dall’insieme delle meningi. Questa tecnica consiste nel porre una mano sotto l’occipite e l’altra sulla zona frontale: sintonizzandosi con il movimento ed il ritmo cranio-sacrale è possibile percepire eventuali trazioni o torsioni che vengono evidenziate dal contatto; mano a mano che le tensioni che si evidenziano si liberano grazie all’azione del terapeuta, si individueranno aree di restrizione sempre più profonde.

La sensazione soggettiva in questa tecnica è di percepire le proprie mani come “risucchiate” dai movimenti compiuti dal sistema fino a identificare una resistenza, un punto di arresto, una barriera in cui il movimento ed il ritmo decrescono significativamente, talvolta fino ad annullarsi: tale momento può essere definito come un “significance detector”, un evidenziatore di un’area significativa per il corpo.

Talvolta in tali occasioni, il sistema respiratorio primario può dare la sensazione di arrestarsi prima di dare adito ad un ampio movimento di liberazione accompagnato da una maggiore mobilità ed una maggior simmetria ed armonia nel ritmo. Una volta ottenuto un certo grado di liberazione è possibile effettuare una trazione del tubo durale partendo dall’occipite o dal sacro per permettere una distensione delle componenti longitudinali della dura sia craniale che spinale: la trazione che viene effettuata, o meglio si potrebbe dire, il pensiero di trazione, è talmente gentile ed “energetica”, che la maggioranza dei terapisti di altre discipline potrebbe non considerarla affatto una trazione, ma semplicemente un contatto. Eppure, proprio grazie alla delicatezza esercitata in queste manipolazioni, si evita che il corpo si “richiuda a riccio” limitando l’effetto terapeutico: la particolarità della tecnica consiste proprio nella associazione fra gentilezza e sensibilità da parte del terapista. Con la sufficiente esperienza è possibile esplorare le aree di restrizione primaria o secondaria presenti a livello delle meningi ed in corrispondenza dei fori di uscita delle radici dei nervi cranici, monitorando le risposte indotte da questa esplorazione nel sistema corporeo.

Ovviamente questi sono solo alcuni esempi di trattamento in quanto risulta difficile standardizzare un protocollo generico, anche se efficace.

La peculiarità della visione kinesiopatica consiste nel fatto che ogni paziente, ogni persona, ha una storia personale che differisce da quella di ogni altra persona: i vissuti emotivi, le esperienze, i momenti della vita, come noi reagiamo sotto ogni aspetto a ciò che ci accade, contribuisce a formare il quadro generale di chi noi siamo e di come il corpo reagisce ed accumula tensioni, blocchi o restrizioni. Inoltre è impensabile che un solo e semplice trattamento sia in grado di risolvere situazioni consolidate da anni, con tensioni o blocchi che sono l’espressione di un adattamento alle nostre limitazioni: talvolta nell’ambito del processo terapeutico si possono manifestare fasi intermedie in cui il corpo, spinto verso un nuovo equilibrio temporaneo, deve assestarsi ed adattarsi nella attesa di una modificazione profonda che permetta di ritrovare quell’equilibrio, quel confort che ci permette senza grandi dispendi energetici di vivere al meglio la nostra vita.

Esempi di queste situazioni sono innumerevoli nella nostra pratica clinica, sia per quanto riguarda i cambiamenti transitori, che per quello che concerne drastici cambiamenti che hanno portato varie persone a vivere la loro vita senza dover convivere con una sensazione di malessere generalizzata, come abbiamo descritto all’inizio di questo articolo. 

francesco gandolfi

francesco.ckt@kinesiopatia.it

prefazione                                                                          pag.1

approfondimenti anatomo-funzionali (parte II)              pag.2

il processo infiammatorio                                                 pag.3

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Aggiornato il: 28 marzo 2000